Graveyard Poetry
Un nuovo tipo di poesia, che si diffuse nella seconda metà del Settecento, in Inghilterra, fu la “Graveyard Poetry” caratterizzata da meditazioni sulla morte e sulla brevità della vita, descrizioni di cimiteri e presenza di aspetti macabri e legati al senso di solitudine della tomba. Non è un caso che i primi poeti di questa scuola siano anche uomini di chiesa. Edward Young, autore del poema filosofico “Night Thoughts” sui temi della morte, la vita e l’immortalità divenne presto famoso in Europa dando vita ad una vera e propria moda. Cronologicamente, questi poeti appartengono all’età Augustea o Neoclassica anche se la loro nuova sensibilità e la nuova visione della natura, il tono meditativo e malinconico anticipano il tramonto del classicismo e preparano la strada al più grande poeta di questo periodo di transizione, Thomas Gray. Gray impiegò più di sette anni per completare la sua elegia, probabilmente in seguito alla morte dell’amico Richard West e prendendo come modello la ventiquattresima ode di Orazio dal Primo Volume delle Odi. L’elegia è basata sull’alternanza di descrizione , a tratti precisa, e riflessione, un modello caro ai poeti neoclassici e che allontanava il rischio della monotonia. Nonostante questa struttura convenzionale, l’elegia presenta delle novità , soprattutto nell’ambivalenza del contenuto. A prima vista il tono malinconico e la tranquillità del paesaggio richiamano la poesia bucolica di Virgilio e teocrito in voga in quegli anni anche se l’idealizzazione neoclassica della semplice vita di campagna nasconde la rivelazione del reale significato della povertà in quanto privazione, talento inespresso e mancata realizzazione delle proprie vite, così che i padri del villaggio vengono rappresentati nel doppio ruolo di persone felici ma anche vittime della natura e della società . Le loro tombe, silenziose ed oscure diventano perciò la normale conclusione di una vita altrettanto oscura e e silenziosa, simbolicamente rappresentata dalle “Buried gems” (gemme sepolte) e dagli “unseen fiori” (fiori non sbocciati, non visti) (Strofa 14). La dolce malinconia si trasforma perciò in un più generale senso di frustrazione che coinvolge lo stesso poeta e culmina nell’epitaffio finale.